Il Green Deal, piano europeo per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, è ormai sotto accusa da più fronti. Il nuovo attacco di Confindustria getta ombre sul futuro dell’auto elettrica e non solo.
L’Europa è al centro del mirino in questo momento, sopraffatta da polemiche e richieste di cambiamenti in merito al tanto discusso Green Deal, il piano che punta a mettere in atto una lunga serie di pratiche volte al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. In ambito mobilità, il Green Deal poggia sull’avvento dell’auto elettrica come unico mezzo per il futuro, ma tutto ciò si sta sgretolando sotto il peso della crisi e di un mercato che non sta dando ragione ai burocrati di Bruxelles.

Pensare di vendere solo auto elettriche entro il 2035, come stabilito dal Green Deal, è un vero e proprio suicido, e la manovra verrà ridiscussa e, presumibilmente, modificata già alla fine di quest’anno. La follia elettrica sta distruggendo ciò che resta di un settore automotive già in crisi, e l’Europa deve ora difendersi da una serie di attacchi che piovono da più parti. Dopo le critiche delle destre europee, ora anche Confindustria alza la voce, chiedendo una rapida revisione del Green Deal, ponendo al centro le imprese.
Green Deal, Orsini di Confindustria ci va giù pesante
Emanuele Orsini, presidente di Confindustria dallo scorso anno, ha avanzato un duro attacco contro il Green Deal europeo, in occasione di un intervento effettuato al convegno inaugurale del 42esimo Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno: “Dobbiamo delle scuse agli imprenditori perché diciamo oggi delle cose che abbiamo detto un anno fa. In Europa c’è bisogno di un patto di responsabilità sociale tra tutti i partiti, e lo dico da europeista convinto, perché non si dica che Orsini non crede più nell’Europa. Io ci credo, ma serve un cambio di passo. Il Green Deal è la più grande cavolata che abbiamo potuto fare, in assoluto“.

Orsini ha poi rilanciato: “Quando noi facciamo impresa, quando si lancia un prodotto, si studia l’impatto del prodotto. in Europa non è stato fatto lo studio di impatto di una misura che hanno pensato. Ora, dunque, dobbiamo andare a mettere a posto delle cose che sono già state fatte. Bisogna mettere al centro l’impresa e per riuscire a farlo occorrono studi di impatto sui provvedimenti, prima che essi vengano messi in atto“.