A seguito delle sanzioni americane sul petrolio russo è arrivata una decisione che ha spiazzato. Il colosso energetico produce più della metà del petrolio di Mosca.
Tutto cambia intorno a noi e persino i major petroliferi sono andati incontro a delle difficoltà. L’industria delle quattro ruote sta vivendo degli alti e bassi a causa delle decisioni politiche assunte da Bruxelles e non solo. L’ondata di novità green ha creato degli scossoni anche alle super potenze petrolifere russe.

La multinazionale russa dell’energia LUKoil è specializzata nel settore dell’estrazione, produzione, trasporto e vendita di petrolio, gas naturale, prodotti petroliferi ed elettricità. Creata nel 1991 dalla fusione di tre società statali della Siberia occidentale è diventata un major globale. Il nome ha origine dalle rispettive città russe dell’Okrug autonomo di Khanty-Mansi, in cui ciascuna aveva sede; Langepasneftegaz, Urayneftegaz e Kogalymneftegaz, difatti è l’acronimo LUK dalle iniziale delle città e della parola inglese “oil”.
La crescita è stata esponenziale e Lukoil è diventata la seconda azienda petrolifera più importante in Russia dopo Gazprom e la più grande impresa non statale del Paese in termini di entrate, con 4.744 miliardi di euro nel 2018. Nel 2020 Lukoil è stata inserita nella classifica di Forbes Global 2020 come la 99ª società pubblica più grande del mondo.
Lukoil vende gli asset internazionali a Gunvor
A livello globale la Lukoil è tra i maggiori produttori mondiali di petrolio greggio, nel 2022 ha prodotto circa il 2% del petrolio mondiale con entrate pari a 2,9 trilioni di rubli. Nello stesso anno, la società è stata colpita dalle sanzioni economiche generate dall’invasione russa dell’Ucraina, portando alle dimissioni del fondatore, Vagit Alekperov. Le ultime notizie non sono confortanti.

Lukoil ha annunciato in una nota di aver ricevuto un’offerta da Gunvor Group per l’acquisto dell’intera Lukoil International GmbH (controllata al 100% da Pjsc “Lukoil”). Nell’operazione ricadrebbero anche gli asset di Lukoil Italia, ovvero 24 stazioni di servizio. Il major russo, preso di mira dal presidente degli Usa Trump, avrebbe accettato di avviare trattative esclusive per cedere i suoi asset all’estero alla Gunvor, società multinazionale registrata a Cipro e con sede in Svizzera, a Ginevra.





