Era il punto più alto di una industria che viaggiava a gonfie vele, ora l’impianto che portava il nome di Gianni Agnelli versa in uno stato d’abbandono.
L’Italia degli anni ’80 e ’90 è raccolta in fotografie di personaggi simbolo di un Belpaese che fu, dove i soldi correvano a fiumi e il benessere crescente faceva volare l’ascensore sociale in pochi anni. Icona di stile, simbolo di un’industria in espansione, amato e odiato da molti, anche per invidia, l’Avvocato più famoso d’Italia, che non ha bisogno di presentazioni, è Gianni Agnelli. Chi ha una memoria storica per anzianità o per cultura, ricorderà l’immagine atletica, aristocratica di un uomo sempre sorridente e ben vestito, nonostante i drammi familiari, intento a vivere la vita e la sua fortuna dettando le regole del glamour in barca come in montagna d’inverno.

Una figura simbolo, la sua, tra industria e politica, diviso tra la mondanità e il lavoro. La sua eredità oggi si disperde tra battaglie legali relative alla successione degli eredi e stabilimenti in disuso, specchio dell’oscurantismo che il Gruppo Stellantis sta attraversando negli ultimi anni dopo la fusione tra FCA e PSA. Non è un mistero che sia in atto una crisi finanziaria, ciò lo prova il fatto che prima Magneti Marelli, poi Iveco, sono stati ceduti al migliore offerente, ma oggi in discussione ci sono marchi storici come Maserati e Alfa Romeo.
Agnelli, l’impianto in disuso
La crisi multifattoriale, espressione di un mondo che cambia e che cancella le regole del passato, dove la domanda è indotta dalla Commissione europea attraverso una normativa stringente sul rispetto delle regole ambientali, polverizza l’esperienza di chi ha lavorato una vita in fabbrica e fa valere solo l’innovazione in previsione del famoso green deal. Cosa resta del passato? Fotografie, articoli di giornale, libri paga ingialliti, documentari e scheletri d’impianti che hanno prodotto la storia dell’automobilismo italiano. Date una occhiata al video YouTube della canale RAI.
A Grugliasco dove nascevano veicoli che fanno parte della storia dell’industria delle quattro ruote italiana si consuma un dramma. Una storia che, qui, è iniziata nel 1959 con le Carrozzerie Bertone. Lo stabilimento in disuso è in vendita a circa 20 milioni, ma non ci sono state offerte, potenziali acquirenti stranieri non lo hanno fiutato come un affare d’oro, nemmeno i colossi cinesi. Resta il ricordo di chi in quella fabbrica ha dato il sudore della fronte e il suo lavoro.





