Il Belpaese avrebbe bisogno di svecchiare un parco auto circolante sempre più vetusto. I fondi Ue potrebbero stravolgere il car market, ma la situazione dei produttori rimane delicata.
Gli incentivi sulle EV potrebbero dare un ultimo segnale a un settore green in atroci difficoltà in Italia. La quota di mercato delle auto full electric rimane bassa. A luglio i veicoli elettrici immatricolati in Italia sono stati 5.898, ad agosto, con il mercato che nel suo complesso è in ribasso, sono stati 3.306. Nei primi 8 mesi del 2025 le vendite di auto elettriche in Italia hanno toccato quota 54.059 (nel 2024 sono state 41.990). Tradotto: il passaggio di quota è passato appena dal 3,8 al 5,2%.

Numeri bassi, dopo anni di proclami e gamme sempre più variegate, che riflettono la crisi economica generale del Belpaese. L’Italia conserva uno dei parchi auto circolanti più vetusti d’Europa. Non sembra esserci una reale possibilità di crescita di una filiera che interessa a pochissimi. Di questo passo la transizione green resterà inesorabilmente al palo.
Ad agosto al primo posto della classifica c’è la Tesla, che piazza la Model 3 al primo posto (234 esemplari) e al secondo posto la Model Y (182 unità). Terza, sul gradino più basso del podio, la nuova Fiat Grande Panda, con 169 unità. I numeri del 2025 avrebbero dovuto essere ben diversi e nemmeno una E-car 100% europea potrebbe invertire questo trend che vede favorita la Cina.
L’ammissione del ministro D’Urso
Il Consiglio Competitività dell’Unione europea sta affrontando il Dialogo strategico sull’automotive. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a Bruxelles, ha spiegato che bisogna decidere subito il futuro e farlo con chiarezza. L’industria dell’automotive è la prima in Europa, e senza di essa si rischia un tracollo totale. La dipendenza da Paesi stranieri è un altro tema molto delicato. L’Ue è come se avesse affidato un intero comparto a realtà straniere in forte crescita.

“Il settore dell’auto sta collassando in Europa: ogni giorno si annunciano chiusure di stabilimenti e migliaia di licenziamenti nell’intera filiera. È fondamentale affrontare con realismo, senza paraocchi ideologici, ma con flessibilità e pragmatismo, quello di cui necessita la nostra Europa”, ha concluso il ministro D’Urso.