Continuano le tensioni tra il Governo italiano e la Commissione europea. Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, si è fatto sentire.
La situazione si sta facendo sempre più incandescente in Europa con una industria delle quattro ruote segnata dalle scelte green di una classe politica molto distante dalla vita reale. Non occorrevano esponenti geniali nelle stanze dei bottoni per capire che i marchi europei sarebbero rimasti spiazzati dalla crescita di nuovi colossi cinesi. Il vantaggio sulle batterie non solo è nato da un know-how focalizzato da anni su questo tipo di tecnologia ma dalle terre rare in cui vengono estratti gli elementi essenziali di un pacco batteria.

Sfruttando il diktat sul lancio di auto elettriche, in Cina sono nate tantissime start-up, come Leapmotor. Inoltre, major già affermati dell’elettronica si sono lanciati nel business puntando sulla creazione di EV avanzatissime sul piano tecnologico. L’Europa per anni è rimasta a guardare per poi imporre dei dazi che non hanno arginato la repentine crescita di nuovi costruttori. Nonostante gli incentivi la situazione non è destinata a cambiare nei prossimi anni.
Scontro politico per l’automotive 2.0
Lo scetticismo generale per il prodotto cinese è crollato con l’avanzare della crisi. Il Covid-19, la crisi del microchip e l’esigenza di pensare a prodotti di primaria necessità, ha portato i cittadini del Vecchio Continente a “scegliere” di non cambiare il parco auto circolante. Solo una piccolissima percentuale ha deciso di investire in auto full electric, vendendo un mezzo con motore a combustione interna.

La maggioranza dei progressisti green ha anche una seconda vettura termica in garage. In tal modo il problema ambientale comunque non trova una soluzione. Anzi, la necessità di impiantare una rete infrastrutturale per la ricarica delle EV ha portato a ulteriori investimenti dispendiosi. Ospite di Eco, il Festival della Mobilità sostenibile e delle Città intelligenti, Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha dichiarato: “Occorre rivedere rapidamente le regole del Green Deal, troppo rigide e lontane dalla realtà, per la tenuta del comparto e per migliorare subito il parco circolante (con una età media di 13 anni, ndr). Siamo stati promotori del ‘non paper automotive’, sottoscritto da altri 14 Paesi, che chiede riforme radicali, azioni strategiche e fondi adeguati”.