Mini

La Mini è una delle auto più originali mai concepite, un sasso nello stagno in fatto di design e progettazione, la massima abitabilità possibile nel minor ingombro esterno. Questa utilitaria ha ottenuto un successo planetario, grazie anche alla sua versione da corsa che ha vinto le gare più prestigiose. Un’auto talmente popolare da venire prodotta ancora oggi, sebbene radicalmente trasformata.

La Mini venne ideata da Sir Alec Issigonis, un geniale ingegnere aeronautico. La sua costruzione venne decisa dall’azienda inglese British Motor Corporation (BMC) dopo la crisi di Suez del 1956 che aveva provocato un forte rialzo dei prezzi della benzina. Serviva quindi una vettura piccola e leggera, economica e parca nei consumi. Issigonis partorì un’auto rivoluzionaria. Era lunga solo 305 cm, larga 140 e alta 135 ma poteva ospitare quattro persone abbastanza comodamente (per quei tempi) grazie alla particolare disposizione meccanica: motore anteriore e trasversale, sotto al quale era montato il cambio.
Trazione anteriore, ruote da 10 pollici per contenere l’ingombro dei parafanghi, piccolo bagagliaio ribaltabile. Il motore a 4 cilindri, già usato per la Austin A35, aveva cilindrata di 848 cc ed erogava 34 cavalli. Per una massa di 617 Kg, bastavano. Interni appunto spaziosi, caratteristico il volante con inclinazione quasi piatta, come un camion.
La Mini venne presentata nel 1959 sotto due denominazioni differenti: Austin Seven e Morris Mini Minor. Qualche problema di gioventù, come la qualità delle finiture, ne rallentò l’affermazione commerciale. Ma presto la gamma si espanse, a partire dalla versione familiare, la Countryman. Tuttavia fu soprattutto l’introduzione del modello sportivo Cooper a creare la leggenda che conosciamo. Era il 1961: fu chiamato il costruttore di Formula 1 John Cooper, il quale creò una vettura tanto improbabile quanto poi vincente. L’assetto, già ottimo nella base, venne ulteriormente affinato; aumento di cilindrata a 997 cc, due carburatori sportivi, freni anteriori a disco: con 55 cavalli e una tenuta di strada eccellente, la Mini Cooper era una macchina da guerra. Nelle mani del finlandese Timo Makinen vinse il rally di Montecarlo del 1963, a cui seguirono tanti altri successi.
Le vendite decollarono. Nel 1969 Mini diventò un marchio autonomo. Arrivò un’altra versione familiare, la Mini Clubman, vera station wagon in miniatura. Anche in Italia venne prodotta una versione della Mini, dalla Innocenti (poi acquisita dalla British Leyland, nuovo nome della BMC), nella fabbrica milanese di Lambrate.
Nei decenni successivi la Mini si aggiornò continuamente ma rimase sostanzialmente sempre uguale a se stessa. Negli anni ’80 la Leyland si fuse nel gruppo Rover, a sua volta acquisito nel 1994 dalla BMW. Nel 2001 il costruttore tedesco dismise la Rover e mantenne la sola Mini. La Mini che chiamiamo classica cessò la produzione nel 2000 dopo 41 anni e oltre 5,5 milioni di unità vendute nel mondo. Nel 2001 la fabbrica di Cowley, vicino ad Oxford, fece uscire la nuova Mini, quella di oggi.
La Mini attuale è ovviamente solo una lontana parente di quella storica, allo stesso modo di altre operazioni simili compiute dalle altre case. Se la Mini classica era un’economica utilitaria, la Mini contemporanea è un’auto premium e chic. Tecnologia e meccanica arrivano dalla BMW, resta però ben visibile lo spirito originale: un’auto diversa che non passa inosservata, declinata in diverse versioni per assecondare più esigenze ma sempre con un’attitudine grintosa e giovane. I modelli Mini di oggi si differenziano essenzialmente per le varianti di carrozzeria. In quasi tutti troviamo al top di gamma una versione sportiva pura firmata John Cooper Works, spinta dal motore 2.0 a quattro cilindri turbo a benzina da 231 cavalli. La base è invece il motore 1.5 a tre cilindri turbo in diverse configurazioni di potenza, da 75 cavalli per i neopatentati a 136 cavalli. Troviamo sempre le classificazioni One e Cooper, a loro volta suddivisi negli allestimenti Boost, Hype e Business. Molto affollata la lista di modelli turbodiesel: anch’essi partono da un motore 1.5 a tre cilindri, da 95 a 116 cavalli; si passa poi al quattro cilindri 2.0 da 150 a 190 cavalli. Trazione quasi sempre anteriore e su alcuni modelli integrale.
Si comincia dalla carrozzeria a tre porte, la Mini e basta. E’ quella che nel design più ricorda il modello storico, una berlina compattissima da 382 a 387 cm di lunghezza. E’ anche quella da cui deriva la Mini John Cooper Works da competizione. Per chi vuole un po’ di spazio in più si passa alla Mini 5 porte, lunghezza da 398 a 401 cm.
Non c’è per questo modello la John Cooper Works, il resto è analogo alla tre porte. Aumentiamo lo spazio e cambiamo tipo di carrozzeria. La Mini Clubman è la station wagon. Il design comincia a differenziarsi in modo marcato al posteriore, con i gruppi ottici orizzontali e soprattutto il portellone sdoppiato ad apertura orizzontale, come la Clubman di una volta. Lunghezza 425 cm, siamo ai limiti del segmento B. Un modello del tutto inserito nei gusti di oggi è la Mini Countryman, sebbene anche questo nome derivi al passato. Ma la Countryman di una volta era una via di mezzo tra familiare e van. La Countryman di oggi è invece un crossover per trasportare tutta la famiglia. Lunghezza di 430 cm, praticamente un segmento C. Nelle versioni con trazione integrale All4 abbiamo a che fare quasi con un SUV. La Mini Countryman è anche l’unico modello del marchio a disporre di una versione ibrida plug-in: il motore a benzina e quello elettrico combinano una potenza di 224 cavalli. Infine, per gli amanti della guida all’aria aperta, abbiamo la Mini Cabrio, derivata dalla carrozzeria a tre porte della berlina.

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