Ripercorriamo la storia dell’Alfa Romeo Alfasud. Quelli più in là con gli anni la ricorderanno sicuramente: alcuni l’avranno desiderata da ragazzini, altri magari ne hanno posseduta una, altri ancora non l’hanno mai apprezzata. I più giovani potranno ricordarla per un ruolo nel film “Bianco, rosso e Verdone”, come l’auto di Pasquale Ametrano, interpretato ovviamente da Carlo Verdone. Alfasud è l’auto che ha dato vita a quello che oggi potrebbe considerarsi il mercato delle berline compatte premium, quello di BMW Serie 1 o Mercedes Classe A, tanto per idenderci. Un’auto che all’epoca rivoluzionò il mercato, proponendo soluzioni molto interessanti: scopriamola nel dettaglio.
Il contesto
Siamo nella seconda metà degli anni Sessanta, quanto l’Alfa Romeo, all’epoca guidata da Giuseppe Luraghi, decide di voler ampliare la propria gamma con un nuovo modello, più piccolo, e che fosse in grado di unire al piacere di guida tipico delle vetture del Biscione anche spazio e praticità. Il compito di pensare alla nuova vettura fu affidato all’ingegner Rudolf Hruska, mentre per lo stile ci fu la collaborazione con Giorgetto Giugiaro. Contestualmente, poi, ci fu la progettazione e la costruzione di un nuovo impianto di assemblaggio, destinato esclusivamente al nuovo modello ed alle sue varianti. Sfruttando i fondi destinati a favorire l’industrializzazione del Sud Italia, il nuovo stabilimento sarebbe nato a Pomigliano d’Arco (Napoli), fabbrica che oggi è sede delle linee di assemblaggio della Fiat Panda. All’INCA (Industria Napoletana Costruzione Autoveicoli Alfa Romeo), fondata il 17 gennaio del 1968, fu lasciata totale autonomia rispetto all’Alfanord di Arese.
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Prima serie
Al Salone dell’auto di Torino anno 1971 viene svelata la nuova Alfa Romeo Alfasud, un’inedita berlina a due volumi compatta, dalle forme aggressive e moderne, capace di combinare tanto spazio all’interno al tipico piacere di guida Alfa Romeo. Si racconta che Hruska, uomo di elevata statura, impose nelle fasi di sviluppo che all’interno del nuovo modello un uomo della sua altezza dovesse poter trovare spazio nella parte anteriore dell’abitacolo, ma che allo stesso tempo un’altra persona della medesima altezza potesse riuscire ad accomodarsi sul sedile posteriore. Ed in più si dice che Hruska diede delle enormi scatole a Giugiaro e gli impose il vincolo che l’Alfasud fosse in grado di contenerle nel bagagliaio (ecco il perchè delle cerniere esterne del portellone posteriore, ad esempio). Basti pensare che la capienza era di 400 litri, un valore notevole. Esteticamente vantava un profilo molto filante, con un muso basso grazie all’adozione dei motori boxer, ed un padiglione rastremato. Gli interni, poi, hanno un’impostazione sportiveggiante, anche se la qualità di certi componenti e degli assemblaggi lasciò un po’ a desiderare in certi casi, difetti compensati da una dotazione molto ricca, che spaziava dal volante e sedile guida regolabili in altezza e posizione, ad un moderno impianto di ventilazione.
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Scheda tecnica e dimensioni
Le dimensioni dell’Alfa Romeo Alfasud erano quelle di una compatta, con una lunghezza di 3.890 mm, una larghezza di 1.590 mm, un’altezza di 1.370 mm ed un passo di 2.455 mm. L’Alfa era molto evoluta per l’epoca, perchè portava al debutto la trazione anteriore, ideale per una vettura dalle dimensioni contenute e per ridurre i costi, ma anche uno schema sospensivo interessante. All’avantreno troviamo sospensioni a ruote indipendenti secondo la geometria MacPherson, mentre al posteriore c’è un ponte rigido parallelogramma di Watt: in questo modo, unendo il know-how di Arese, si ottenne un’ottima guidabilità, ma anche una sufficiente semplicità per ridurre i costi di produzione. Un’altra novità interessante erano le motorizzazioni quattro cilindri boxer, capaci di rendere anche più filante la carrozzeria, mentre per tutte le versioni erano previsti quattro freni a disco, di cui quelli davanti all’uscita del differenziale per ridurre le masse non sospese. Il Cx era di 0,40, un valore nella media, ma non eccezionale se confrontato con quello della Giulia del 1962, pari a 0,34. Il peso, a seconda delle versioni, andava da 830 a 865 kg.
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Motore e allestimenti
Era tutto nuovo il motore boxer Alfa Romeo raffreddato ad acqua da 1.186 cm³ montato sotto al cofano dell’Alfasud. Era dotato di carburatore monocorpo verticale invertito Solex C32 DISA/21, con una potenza massima offerta di 63 cavalli a 6.000 giri al minuto, sufficienti a garantire prestazioni interessanti e comunque superiori alle concorrenti dirette. Montava un cambio manuale a 4 marce più retromarcia ed era in grado di raggiungere una velocità massima di 153 km/h. Le vendite iniziarono nel 1972 con un prezzo di listino di 1.420.000 Lire, in configurazione a quattro porte. Purtroppo i primi esemplari soffrivano di problemi di ruggine e dell’assenza di servofreno, che sarebbe diventato di serie nel 1973. Nel 1974 la gamma si divide nella versione base, l’Alfasud N, e nella versione più ricca, l’Alfasud L. Questa versione, oltre ad una nuova taratura del motore con maggiore coppia, includeva di serie: sedili in panno, pavimento in moquette, poggiatesta anteriori, rostri ai paraurti, profili cromati ai finestrini, finiture più curate e, a partire dal 1975, anche il cambio a cinque marce (Alfasud 5m). Venne anche migliorato il trattamento delle lamiere in modo da limitare l’insorgere della ruggine.
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La versione TI
Ben presto arriva la versione più sportiva, l’Alfasud Ti a 2 porte, nel 1973, immediatamente riconoscibile per un’estetica specifica, che includeva: gruppi ottici anteriori a quattro proiettori circolari, indicatori di direzione anteriori sui paraurti anteriori, rostri ai paraurti, cerchi in lamiera dallo stile dedicato e pneumatici maggiorati, DAM anteriore, spoiler al posteriore e dettagli di colore nero. Grazie alle appendici aerodinamiche il Cx cala a 0,39. All’interno la caratterizzazione sportiva continuava, merito dei sedili più profilati rivestiti in tessuto e sky con poggiatesta, volante specifico a tre razze, pavimentazione in moquette, contagiri, manometro dell’olio e termometro dell’acqua. Il motore veniva anche rivisto con nuovi alberi a camme e dotato di carburatore doppio corpo, portando la potenza a 68 cavalli. Tuttavia ulteriori modifiche tecniche arriveranno nel 1976 quando la cilindrata venne aumentata fino a 1.286 cm³, portando un ulteriore surplus di potenza fino a quota 75 cavalli.
Alfasud Giardinetta
L’Alfa Romeo Alfasud Giardinetta vide la luce nel 1975 e si trattava della versione station wagon della compatta di Pomigliano d’Arco, dotata di un pregiato fondo del baule in finto legno. L’estetica era contraddistinta dal muso della versione tradizionale, importazione a tre porte con portellone posteriore ed una coda piuttosto verticale per massimizzare lo spazio nel vano di carico. Si trattava di un modello che fu fortemente spinto sia da Giugiaro che dall’ingegner Hruska e disegnata da Aldo Mantovani, ma che poi ottenne scarso successo da parte del pubblico, visto che le familiari erano considerare dal pubblico solo dei mezzi da lavoro, più che vere e proprie varianti di carrozzeria più spaziose. In più si aggiungeva il problema del prezzo di listino piuttosto elevato (si partiva da 3.101.000 Lire) ed il vincolo delle due porte. Fu prodotta in soli 3.799 esemplari in versione prima serie (dal 1975 al 1977) ed in 2.100 esemplari per la seconda serie, dal 1977 al 1980. Una caratteristica interessante era il fatto che il telaio presentava un rinforzo tra i due archi ruota posteriori, in modo da migliorare la rigidità della struttura e renderla capace di sostenere anche carichi importanti.
Alfasud Sprint
La gamma Alfasud fu ulteriormente arricchita nel 1976 con l’arrivo della versione coupé, la Sprint, disegnata ancora una volta da Giugiaro. Lo stile era visibilmente ispirato a quello dell’Alfetta GT e si mostrava come una filante coupé con carrozzeria fastback ed abitacolo a quattro posti. Il baule aveva un ampio accesso grazie al portellone posteriore, ma il divanetto posteriore non era abbattibile, riducendo così la capacità di carico disponibile in un certo senso. Al lancio era disponibile solo con il motore boxer 1.286 cm³ da 76 CV, ma nel 1978 arriva la Sprint Veloce 1.3 e Veloce 1.5, dotate rispettivamente di un 1.351 cm³ 86 CV ed un 1.490 cm³ 95 CV. In quell’anno la versione base diventa la 1.351 cc monocarburatore da 79 CV.
Riceve un restyling nel 1983, che ne cambia i paraurti (ora in plastica), la mascherina, i gruppi ottici posteriori, introducendo anche nuovi fascioni laterali e finiture nere, nonchè nuovi interni. Si trattava a tutti gli effetti della seconda serie, che abbandonava la denominazione Alfasud, diventando semplicemente Alfa Romeo Sprint. Due i motori disponibili: 1.351 cm³ da 86 CV (la 1.3) e 1.490 cm³ 105 CV (la 1.5 Quadrifoglio Verde). Nel 1987 arriva un’ultima motorizzazione, il 1.712 cc 8 valvole ereditato dalla 33 Quadrifoglio Verde, che pensiona l’1.5.
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La seconda serie
Nel 1977 è la volta della seconda serie, che dal punto di vista estetico si differenzia solo per alcuni dettagli, come i nuovi paraurti con fascia in gomma, la mascherina ridisegnata o le griglie di sfogo nere. Dal punto di vista della gamma, la versione base resta l’Alfasud N, mentre l’Alfasud Super prendeva il posto della precedente Alfasud 5m. La Super, oltre a mantenere il cambio a cinque velocità, aveva finiture più lussuose e veniva offerta in due motorizzazioni: 1.2 da 63 cavalli o 1.3 da 68 cavalli. Dell’aggiornamento beneficia anche la versione sportiva TI, che propone adesso paraurti con fascia in gomma, alettone posteriore rivisto, codolini passaruota neri e nuovi rivestimenti interni. Dal punto di vista del motore, però, non cambiava nulla. La versione Giardinetta adottava il motore 1.286 cm³ da 68 CV con cambio meccanico a 5 marce.
Nel 1978 la cilindrata dell’1.3 viene aumentata da 1.286 a 1.351 centimetri cubici, con una potenza di 71 CV. Per le versioni TI, invece, si aggiungeva la scelta di un nuovo propulsore 1490 cm³ da 84 CV.
La terza serie
Con l’inizio degli anni Ottanta, proprio nel 1980 per essere precisi, l’Alfa Romeo concede all’Alfasud un restyling più profondo, che darà vita alla sua terza serie. La Giardinetta abbandonava i listini contesualmente. Il frontale era stato ritoccato nella mascherina e nella fanaleria; il posteriore includeva gruppi ottici di maggiori dimensioni ed un cofano ridisegnato; cambiava la posizione degli indicatori di direzione laterali, mentre gocciolatoi e profili erano ora di colore nero. Ma soprattutto anche gli interni venivano rinnovati. La gamma prevedeva le versioni: Alfasud 1.2 4m 63 CV con cambio a 4 marce, Alfasud 1.2 5m 68 CV con cambio a 5 marce, Alfasud 1.3 79 CV e Alfasud 1.5 84 CV. Per le versioni sportive Ti, grazie all’alimentazione bicarburatore, i motori erano da 1.351 cm³ con 86 CV e 1.490 cm³ da 95 CV. Nel 1981 le Ti adottano il portellone posteriore, diventando con carrozzeria a tre porte. Nello stesso anno la carrozzeria a tre porte viene offerta anche in versione base, mentre debutterà anche la versione speciale Valentino, con colorazione bordeaux metallizzata e nera, cerchi color oro, interni in velluto nero e volante in legno, dotata del motore 1.2 da 68 CV.
Nel 1982 arrivano ulteriori aggiornamenti, primo su tutti l’adozione del portellone posteriore per le versioni 5 porte SC, che richiese un importante investimento per modificare l’impianto, soldi che non vennero recuperati con le vendite. La versione base era l’Alfasud 1.2 4p S da 63 cavalli a quattro marce, poi c’era l’Alfasud 1.2 4p/5p SC da 68 cavalli e con cinque marce e l’Alfasud 1.3 4p/5p SC da 79 cavalli. La nuova versione top di gamma era l’Alfasud 1.5 5p Quadrifoglio Oro con motore da 95 CV bicarburatore e contraddistinta da interni in velluto, volante in legno e mascherina frontale in tinta argento metallizzato. Debutta anche la brillante Alfasud 1.5 Ti Quadrifoglio Verde da 105 cavalli, dotata di cerchi in lega specifici, bandelle sottoporta e sedili più sportivi. Il listino si arricchiva anche dell’Alfasud 4p Junior, versione piuttosto basilare dotata dell’1.2 da 68 CV con cambio a 5 marce.
L’Alfasud della Polizia
Come da tradizione, la Polizia ottenne in dotazione anche questa Alfa Romeo. Però non subito. Infatti solo dopo il 1980 arrivarono le prime Alfasud della Polizia, della terza serie quindi, anche se si segnala la presenza di alcuni esemplari della generazione precedente, in fine serie. Gli esemplari in divisa avevano le motorizzazioni 1.3 o 1.5. Di esemplari ufficiali ne sono rimasti pochissimi, tra cui uno al museo delle auto della Polizia a Roma.
Le vendite
L’Alfasud rimase sul mercato fino al 1984, quando venne definitivamente rimpiazzata dall’Alfa Romeo 33, nata nel 1983. La Sprint, invece, rimarrà nei listini fino al 1989. Durante la sua intera carriera, sono stati prodotti un totale di 1.017.387 esemplari.
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